Melo - Appiu
Appio; Melappiu
Varietà di notevole valenza storica in ambito regionale. Interessante per l’aspetto e le caratteristiche organolettiche dei frutti i quali mostrano una buona resistenza alle patologie. Secondo Mario Agabbio è una cultivar «di origine antichissima, della quale si hanno notizie bibliografiche risalenti alla dominazione romana» (1994: 38). Ne dà un giudizio lusinghiero: «Si tratta di una cultivar nota ed apprezzata sui mercati locali, che può avere un futuro come mela verde invernale» .
Scheda della risorsa PDF
Regno: Vegetale
Famiglia: Rosaceae
Genere: Malus
Specie: Malus domestica Borkh.
Area di origine: Areali frutticoli della Sardegna
Rischio di estinzione e/o erosione genetica: Si
Agricoltori custodi: Patteri Maria Salvatorina Ignazia | Guaraglia Alessandro | Società agricola Agave
L’ampiezza e la
consistenza delle fonti scritte si intreccia con quella delle fonti orali; i
testimoni ascoltati hanno messo in rilievo la bontà della cultivar. Sul finire
del Novecento Mario Agabbio descrive la Appio indicando come sinonimi “de
oxiu”, “de ozzu”, “de Zazzari”, “Melappia”. Le prime due denominazioni
significano “di olio” a causa delle chiazze di aree traslucide, ritenute simili
a macchie d’olio; in passato iI frutto veniva definito anche “ghiacciato” a
causa appunto della vitrescenza della polpa. Si tratta di una cultivar che,
secondo alcuni specialisti, era conosciuta come melapium sin dall’antichità. Lo
scrittore latino Plinio enumera diverse qualità di mele: una la chiama melapia
per la parentela con il pero; un’altra, cosiddetta appiana, dice che fu
introdotta da Claudio Appio, politico e letterato che l’avrebbe introdotta
dalla Grecia nel terzo secolo a. C.. Nell’Atlante dei fruttiferi italiani si
cita «Cultivar di origine antichissima in epoca romana, ancora presente in
alcune aree della Sardegna e della Sicilia». Non essendoci descrizioni non vi è
certezza che il melapium dell’antichità sia quello dell’età moderna. Il
Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana di Ottorino Pianigiani connette
la mela al sedano (appiu) in particolare al verde dell’ortaggio. Fara individua
diverse “mela latina”, ossia italiche, coltivate in Sardegna, tra le quali sono
la Appiola e la Camosa. Un documento d’archivio sassarese nel 1754
cita la mela apiu e ne attesta la
coltivazione. Manca dell’Arca nel 1780 colloca la mela detta «apiu, o
agiazada» tra i pomi tardivi o invernali insieme ad altre numerose varietà di
mele presenti sull’Isola. La chiama “ghiacciata” a causa del fenomeno di
vitrescenza a cui è soggetta, come rilevato ad esempio sia da autori antichi
come Gemelli (1776) sia da Camarda (1994).
Link e documenti correlati
Albero di medio vigore, ramificato a portamento assurgente mediamente produttivo, fruttifica sulle lamburde o sui rami misti. Presenta internodi di lunghezza media sui rami di 1 anno, con numero medio di lenticelle. L’epoca di fioritura è intermedia-tardiva. La dimensione delle foglie è piccola, la posizione della foglia, in relazione al ramo, è verso l’esterno, il rapporto lunghezza/larghezza della lamina fogliare è medio, la dentatura del margine fogliare è bicrenata, il picciolo medio, la pubescenza della pagina inferiore: assente o debole. L’epoca di inizio fioritura è tardiva. Il colore predominante del fiore (appena prima dell’apertura della corolla) è rosa chiaro, i petali, di forma ovata, sono separati, lo stigma e stami sono allo stesso livello. Il diametro del fiore è grande. L’epoca di maturazione per la raccolta è tardiva o molto tardiva; il frutto medio, di forma obloide, senza costolatura, con corona alla sommità del calice assente o leggera. La pruina della buccia è presente, moderata-forte, vi sono molte lenticelle, il colore di fondo è verde con tonalità di sovraccolore assente. Il peduncolo si presenta corto, con la cavità peduncolare poco profonda ed ampiezza della stessa media. Alla raccolta la profondità della cavità calicina del frutto è poco profonda mentre l’ampiezza della stessa sono medie. La consistenza della polpa è media, di color bianco, mentre le logge carpellari (in sezione trasversale) sono moderatamente aperte